Il panorama lavorativo e soprattutto pensionistico italiano è spesso caratterizzato da incomprensioni: da un lato l’età pensionabile sembra aumentare a dismisura, determinando un blocco lavorativo per i giovani, dall’altro assistiamo alla messa a disposizione di formule che riguardano il pensionamento anticipato che deve tuttavia sottostare a condizioni ben precise e non ancora del tutto stabili.
‘’TFR’’ è l’acronimo di ‘’trattamento di fine rapporto’’ che consiste in una somma di denaro calcolata per quote annuali che, al termine di un rapporto lavorativo, spetta al dipendente indipendentemente dalle cause che hanno determinato la fine di tale rapporto come licenziamento, dimissioni o il raggiungimento dell’età pensionabile.
Ecco come si calcola
Il calcolo del TFR rappresenta dunque l’importo che il datore deve al proprio dipendente e spesso prende il nome di ‘’liquidazione’’.
Per compiere tale calcolo si segue la riforma pensionistica italiana degli anni ’90 ma a volte può essere eseguito nel caso in cui il lavoratore abbia una necessità in particolare che richieda un’anticipazione del TFR.
Quest’ultimo caso è possibile laddove:
– Il rapporto datore-lavoratore duri da almeno otto anni;
– l’anticipo venga richiesto per estinguere il mutuo (solo se si tratta della prima casa) o per cure mediche;
– eventuali spese quali legali o funerarie
Inoltrare la richiesta di anticipo è oggi possibile attraverso moduli presenti su internet che richiedono una compilazione dettagliata e l’inserimento di numerosi documenti.
La riforma sulla tassazione
Il Governo Renzi ha attuato una riforma che prevede l’inserimento del Trattamento di Fine Rapporto all’interno della busta paga.
Tali somme, rese evidenti, rivelano il TFR al lordo poiché la sua liquidazione è soggetta a tassazione separata che viene calcolata sul reddito annuale di riferimento, infatti per ottenere il valore del TFR netto occorre sottrarre a quello lordo le imposte.
La scelta dell’inserimento del TFR nella busta paga si poneva come obiettivo quello di aumentare il potere di consumo dei cittadini, una sorta di bonus che in realtà, secondo i sindacati, non è tale perché la somma di denaro apparterrebbe già ai lavoratori.
In tal senso occorre infatti analizzare fino a che punto convenga al dipendente avere una cifra medio-bassa in più ogni mese invece che riscuoterne una medio-alta più in là nel tempo, pertanto è importante che prima di effettuare qualsiasi scelta in tale ambito il lavoratore analizzi la sua condizione, gli anni di servizio effettuati e gli eventuali interessi che potrebbero determinare una ‘’liquidazione’’ molto bassa alla fine del periodo lavorativo.